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Arte: Robin Heidi Kennedy espone le sue opere sulla boxe
di Vezio Romano
Foto di Flavia Valeria Romano
Presso la Sala Culturale Stazione di Posta di San Gemini ha avuto luogo la mostra dell’artista di fama internazionale Robin Heidi Kennedy, nella quale sono state esposte otto sculture e diciannove disegni a soggetto pugilistico. Il suggestivo titolo della mostra è “Shadow Boxing” che ,tradotto letteralmente , è la “boxe con l’ombra”; in pratica quello che nelle nostre palestre viene chiamato l’esercizio del “vuoto”. Robin Kennedy è nata in Messico nel 1956, ha studiato costumistica e scenografia in North Carolina. Dopo aver svolto attività scenotecnica per il teatro e per il cinema, si è infine dedicata alla scultura, dividendo la propria attività fra lo studio di Spoleto e quello di New York. Alcune delle sue opere sono esposte in maniera permanente sia a Brooklyn che a Spoleto.
Robin, come è nata la sua passione per la boxe?
“Mio padre da giovane era stato pugile dilettante a Detroit. Quando ero bambina aveva già smesso l’attività agonistica ma continuava ad allenarsi in casa: sacco, corda e ovviamente shadow boxing. Io e i miei due fratelli eravamo molto contenti quando nostro padre ci faceva eseguire i colpi fondamentali della boxe e ci insegnava come la lealtà e il rispetto per l’avversario fossero alla base di questo sport. Ho avuto quindi una visione positiva del pugilato e non ho mai approvato le critiche dei suoi detrattori. Mio fratello gemello Kevin ha disputato poi diversi incontri quando era studente a Milwaukee nel Wisconsin; poi negli anni 80 è stato trainer nella famosa palestra Gleason Gym a New York, dove allenava soprattutto amatori non agonisti ed anche molte donne”.
Quando ha iniziato ad unire boxe e arte?
“Nel 1990 quando ho realizzato un busto di Mike Tyson. Lui mi aveva impressionato per la sua grande forza fisica che ho cercato di mostrare nell’opera. Quando diventò campione Tyson era molto giovane, veniva da un passato difficile: la sua era una tipica storia americana. Il busto ebbe un buon successo ma io abbandonai il soggetto pugilistico, forse perchè delusa dal seguito della storia di Tyson. Nel 2002 sono tornata al pugilato con la realizzazione di varie sculture. Con queste ho cercato di esprimere sia la forza fisica che quella interiore del pugile, con particolare studio delle gambe dalle quali parte la potenza dei colpi. I disegni possono essere considerati un completamento delle sculture ma ritengo siano validi anche presi da soli”.
Attualmente c’è un pugile che le piace e potrebbe ispirarla?
“Sinceramente non mi viene in mente nessuno. Da bambina mio padre mi faceva vedere Clay e Liston. Poi ci sono stati Leonard, Hagler, Hearns e molti atri. Forse sono stata abituata troppo bene. Speriamo torni un periodo positivo con grandi campioni come quelli”.